PREVENZIONE E SICUREZZA

La migliore autodifesa è la prevenzione, e il primo strumento per prevenire è la conoscenza del pericolo.
Introduzione
Parleremo di prevenzione in relazione alla nostra sicurezza, ovvero cosa possiamo fare per prevenire la violenza altrui, in ogni sua forma.
Volutamente non parleremo di questioni di ordine pubblico o dell'aspetto istituzionale che concerne la sicurezza dei cittadini
Lo scopo in questa sede è quello di fornire un po' di corretta informazione su cosa fare per migliorare la nostra sicurezza quotidiana, senza cadere in paranoia come fanno alcune e per di più riuscendo a vivere più serenamente.
prevenzione significa adottare tutte le misure, azioni, comportamenti e insegnamenti, utili a ridurre il rischio di essere coinvolte in situazioni spiacevoli.
La prima prevenzione viene dalla conoscenza di cosa può generare violenza:

  • Disequilibrio nei rapporti di potere uomo-donna
  • Stress e conflitti
  • Intolleranza e pregiudizi
  • Frustrazione
  • Influenza di TV e videogiochi
  • Alterazione da alcool e droga
  • Bisogno di affermare il proprio Ego
  • Socio-psicopatia
  • Appartenenza al "branco"

Prevenire si può, a condizione di rendere automatici pensieri, comportamenti ed atteggiamenti favorevoli alla prevenzione.
Il primo pensiero che dovrebbe essere impresso a lettere di fuoco nella testa di tutti è il seguente: non sai mai il tipo di persona che ti trovi di fronte
Questo è vero sempre e con chiunque, visto che, molto spesso, la violenza viene da parte di persone conosciute.
Il problema può sorgere molto più vicino, addirittura all'interno delle stesse mura domestiche, se è vero che, specialmente nel caso delle
violenze sulle donne e l'infanzia, la grande maggioranza dei casi è opera di mariti, conviventi, padri, parenti, o persone comunque vicine alla famiglia.
A volte ci si accorge che il compagno di una vita non è più la persona che si era conosciuto un tempo. Oppure, più semplicemente, non ce ne eravamo accorte, non avevamo visto.
Avviene quindi che, quasi senza accorgersi, o perché abbiamo fatto finta di non vedere, un giorno siamo costrette ad aprire gli occhi, ed in genere è già tardi.
La falsa sicurezza di vivere in una "società civile", unita alla sottovalutazione dell'altro può giocare brutti scherzi.
Gli stessi ragionamenti valgono anche in quei casi dove la violenza sembra scaturire senza apparenti relazioni tra vittima ed aggressore: è il caso di rapine o stupri da parte di sconosciuti.
Anche in questi casi, però, non esiste una vera casualità.
L'aggressore, in realtà ha "scelto" la sua vittima e quest'ultima, dal canto suo, si è “fatta scegliere”.
Un elemento importante è quello relativo agli aspetti rituali e comunicativi che quasi sempre precedono un'aggressione fisica.
Analizzandoli è possibile stabilire le tattiche più opportune per allontanare o ridurre il rischio di incappare in un simile evento.

Nella vita di ognuno di noi possono presentarsi parecchie situazioni tipiche, potenzialmente in grado di portare a tensioni o intrinsecamente pericolose:

  • Frequentare luoghi bui ed isolati (parcheggi, sottopassaggi...)
  • Attraversare quartieri a rischio
  • Incontri con persone alterate da alcool e droghe
  • Litigi fortuiti con sconosciuti e non
  • Incontri con il "branco"

Se si leggono le esperienze e le testimonianze , in tutti i casi che sono degenerati, la persona aggredita aveva commesso uno o più di questi errori:

  • Non aveva valutato correttamente il contesto o l'ambiente fisico in cui si trovava
  • Non aveva dato peso ad alcuni elementi sospetti del comportamento del futuro aggressore
  • Si era lasciata coinvolgere in un gioco senza uscita fatto di accuse, recriminazioni e rivendicazioni
  • Oppure aveva adottato atteggiamenti che hanno "facilitato" un soggetto determinato ad aggredire

Tutto questo, a posteriori, può aver fatto sorgere la conclusione che "ci si è trovati nel posto sbagliato, al momento sbagliato e con la persona sbagliata", ma, secondo me, sono mancate due cose vitali:


Avere dei comportamenti appropriati

sono i nostri comportamenti, il nostro modo di parlare, di guardare le persone, a predisporci alle altrui reazioni. 

Saper fare la cosa giusta nel momento giusto è chiaramente l'elemento chiave di ogni forma di successo, così come della sopravvivenza.
Il punto è che, tranne pochi comportamenti innati, quasi tutto ciò che sappiamo fare o dire deve essere in qualche modo appreso. Da ciò ne consegue che tutti i comportamenti utili a tenerci fuori dai guai dovrebbero esserci insegnati da qualcuno... Ma da chi?
Insomma, come al solito, per le cose essenziali, anche se solennemente sancite da leggi e Costituzione come diritti della persona, occorre armarsi di pazienza, di buon senso e provvedere da soli.
Il buon senso, appunto.
Posto che non tutte ne sono dotate allo stesso modo, ci sono regole semplici, apparentemente scontate, che da sole potrebbero evitare situazioni molto spiacevoli: non frequentare da sole luoghi bui, isolati, notoriamente malfamati, persone estranee, ecc.
Insomma i classici "consigli della nonna".
Ma che dire del fatto che, specialmente nel caso della violenza sulle donne o sui bambini, l'aggressore è il più delle volte una persona della famiglia o comunque nella cerchia dei conoscenti?
In questi casi, i comuni consigli ed il comune buon senso non bastano più.
Serve una cultura della sicurezza da cui scaturiscano comportamenti adeguati e l'incentivo per tutti a sviluppare certe capacità che da sole possono realmente aiutare una donna a salvaguardare se stessa.
Tra queste, suggerirei la
capacità di comunicare correttamente e la capacità di osservare l'ambiente e le persone che ci stanno attorno.
Che cosa c'entra la capacità di comunicare con la sicurezza personale?
E' importantissima, perché in realtà ogni atto di violenza, non deve mai essere considerato come un fatto isolato, ma come 
l'esito di una sequenza di scambi comunicativi con relativa attribuzione di ruoli da parte dei protagonisti.
E' noto il fatto che buona parte delle aggressioni sia connotato da una sequenza di azioni da parte della vittima e dell'aggressore, secondo una precisa
logica rituale che incastra l'uno e l'altro in un gioco il cui esito inevitabile è la sconfitta di uno dei due.

In questo quadro, assume un ruolo centrale proprio il modo con cui la futura vittima interagisce col suo carnefice: può porsi secondo una modalità
aggressiva, di resistenza e reazione, oppure secondo una modalità passiva.

Non esiste solo una modalità passiva ed una aggressiva di fronte ai conflitti, di qualunque tipo essi siano.
Esiste una modalità intermedia fatta di capacità di aver rispetto per sé e per gli altri, che noi chiamiamo
assertiva.
Le persone che agiscono e comunicano secondo questa modalità difficilmente vengono coinvolte in alterchi e, se si trovano nei guai, trovano più facilmente di altre il modo per uscirne fuori.
In pratica tutte le tecniche di
de-escalation sono fondate sul concetto di assertività. Il concetto è semplice: abbi rispetto per gli altri, senza far venir meno il rispetto per te stesso.
Adoperati per il compromesso e la soluzione dei problemi, impara a negoziare su basi reciproche e non unilaterali, sii costruttiva, ferma ma non arrogante, non giudicare chi hai di fronte. 
Le persone abituate a comportarsi in modo assertivo, hanno una quantità di caratteristiche pregevoli, una delle quali è la capacità di osservare e capire gli altri.
Di fatto, la persona mediamente attenta è perfettamente in grado di capire quando un incontro occasionale è a rischio oppure no.
Al di la delle parole dette o delle circostanze legate al luogo dell'incontro (per esempio un sottostazione), molte informazioni ci pervengono dal
linguaggio del corpo, il quale tradisce le reali intenzioni in modo eloquente e difficilmente dissimulabile.

Il problema è che spesse volte questo "sesto senso" viene attivato troppo tardi, quando la persona a rischio è troppo vicina per tentare una ritirata strategica e ci si trova in trappola.
Il motivo è che troppo spesso, l'individuo medio non usa un
livello di attenzione adeguato alle circostanze, o per mancanza di abitudine, o perché considera le circostanze (come il trovarsi in una strada buia, desolata,...) non meritevoli di particolari attenzioni.
Riassumendo, la prevenzione si attua da una parte imparando a mettersi in relazione con gli altri (eviterete così di cadere vittime di provocazioni o di essere voi stessi i provocatori del vostro aggressore), dall'altra evitando di mettersi in quella condizione di svantaggio che viene sfruttata specialmente dai cosiddetti "abituali" per scegliere le loro vittime.
A questo riguardo, una capacità di osservazione e di valutazione ambientale sempre in funzione costituisce un presidio essenziale alla sicurezza personale.
Siate svegli, in pratica.
Esistono una moltitudine di esempi negativi al riguardo.
Ci sono donne che attraversano spensieratamente i parchi di notte, magari con l'I Pod che pompa nelle orecchie musica a tutto volume.
Ci sono donne che si avventurano sole solette in certi parcheggi deserti, sostando poi davanti alla macchina chiusa frugando nella borsa, in modo inconcludente, cercando le chiavi.
Ci sono le coppiette che, scartata l'opzione di fare sesso in piedi, si appartano in certe viuzze da film horror confidando nell'effimera protezione della loro auto.

La realtà è che il delinquente abituale, quello che agisce sistematicamente a fini di rapina, furto, o stupro, di fatto osserva e seleziona le sue vittime basandosi su due criteri basilari:
sulla possibilità di ottenere ciò che vuole e sulla possibilità di agire di sorpresa o col minimo rischio.
Il fattore sorpresa è talmente fondamentale che quasi tutti i corsi di autodifesa insistono molto sulla necessità di avere sempre un livello di guardia appropriato alle circostanze, magari avvalendosi di uno schema dei colori che ci aiuti a discernere il pericolo incombente.

Se volessimo riassumere il tutto con uno slogan potremmo utilizzare questa massima:

Un atteggiamento rilassato ma vigile traspare dal comportamento e dai gesti, rappresentando il primo presidio per la sicurezza personale
Ricordate sempre che la sorpresa è il primo alleato di un potenziale aggressore. Questo personaggio cerca quasi sempre una vittima e non un combattimento. Per questo analizzate e valutate sempre l’ambiente che vi circonda. Fate capire a chi vi sta intorno che vi siete accorti di loro

La capacità di comunicare, osservare e valutare è sempre utile e non solo per strada.
Moltissimi delitti avvengono nella "rassicurante" cerchia familiare o comunque ad opera di persone conosciute, dalle quali non ci si aspettava un comportamento violento.
Ma è sempre vero?
La maggior parte delle violenze sulle donne avviene ad opera dei loro stessi partner o ex partener.
Se si ascoltano le storie di queste donne, emerge in primo luogo il fatto che dietro il singolo episodio drammatico, c'è una lunga storia di violenze psicologiche, minacce e vessazioni.
Davvero non c'era a aspettarsi un esito tragico da certe relazioni familiari?

Troppo spesso il tutto scaturisce da un perdurante clima di sopraffazione, tanto che l'aspetto più delicato ed inquietante sta proprio nel capire cosa spinge le persone, vittime e carnefici, a rimanere legate anche quando si sono persi i più elementari criteri di rispetto e di stima reciproca.

A volte si assiste a casi di donne che subiscono l'ineluttabile corso di un episodio di violenza domestica ad opera del partner, senza che apparentemente si riesca, si possa far nulla per fermare l'esplosione di violenza.
Anche in questi casi, uno stile comunicativo di tipo assertivo sarebbe d'aiuto ad entrambi allo scopo di riportare gli inevitabili conflitti nella logica del confronto costruttivo o, laddove questo non sia possibile, a stemperare la tensione quel tanto che basta ad evitare estreme conseguenze.

A volte la futura vittima non osserva il contesto e comunica con l'altro in modo inappropriato, con insistenze inutili o con recriminazioni capaci solo di innalzare la tensione, non accorgendosi del fatto che l'interlocutore sta diventando pericoloso come una bomba innescata.
E' lo scenario di molte liti familiari o condominiali, laddove la conoscenza pregressa, la familiarità acquisita, sembrano mettere in secondo piano il fatto che rabbia, frustrazione o interessi rappresentano pur sempre un movente capace di offuscare la coscienza e di compromettere il già fragile l'autocontrollo.

Avere sempre una chiave di lettura della situazione

Prevenire significa saper "leggere" il contesto, la situazione, l'ambiente fisico, percependo il pericolo che può essere insito in loro.
Molte volte, chi ha subito un’aggressione racconta di come gli eventi sono precipitati in modo rapido ed imprevedibile.
In realtà, non è così: troppo spesso sono mancate delle chiavi di lettura in termini di
attenzione al contesto e ai “messaggi” inviati dal futuro aggressore
Conoscere queste chiavi di lettura, può fare la differenza tra il riuscire a risolvere un momento critico in modo incruento, secondo una logica preventiva, oppure essere coinvolti in un episodio di violenza.
Ovviamente non tornerò sulla possibilità di "riconoscere" un potenziale criminale semplicemente dalla faccia che ha o dall'abbigliamento che indossa (anche se da questi elementi chiunque è in grado di raccogliere qualche elemento utile). Semplicemente ribadisco il fatto che ogni generalizzazione è arbitraria e pericolosa: si può essere pugnalati dal classico energumeno di tutti gli stereotipi, dallo straniero, come dal distinto signore di mezza età con completo firmato, per non parlare del proprio partner.

Non si può fare della criminologia da strada.
Le chiavi di lettura devono essere più semplici ed immediate.
Quando vi trovate qualcuno davanti (o alle spalle), che sappiate o meno chi è, non state a chiedervi troppe cose. Non serve.
Valutate la sua propensione o meno a farvi del male in base a tre semplici criteri:

  • Capacità
  • Motivazione
  • Opportunità

La capacità del soggetto a nuocerci può dipendere da numerosi fattori, ovvero le sua stazza fisica, il fatto che disponga o meno di armi, dal fatto che si trovi in gruppo o da solo, dalla determinazione che dimostra, dal fatto che conosca o meno delle tecniche di combattimento, ecc. Si tratta, è ovvio, di un criterio difficile da valutare, perché la stazza fisica minuta potrebbe non essere la garanzia di trovarci di fronte a un soggetto risoluto ed aggressivo. Il possesso di armi potrebbe non essere evidente e la sua abilità nel combattimento, di solito, è una cosa che si scopre quando è già troppo tardi.

La motivazione ad aggredirci, può anche questa dipendere da tantissimi fattori, tra i quali il furto, la rapina, lo stupro, la rabbia, ma, a differenza della capacità del soggetto a farlo, questo è un elemento sul quale è possibile intervenire per lo meno cercando di evitare che tale motivazione aumenti. A parte il caso degli aggressori intenzionali (i cosiddetti"abituali") esiste una casistica quanto mai ampia di guai che sono provocati da circostanze fortuite. E' il classico caso dei due che si azzuffano per un parcheggio o per un gestaccio nel traffico: magari uno dei due aveva avuto una pessima giornata, aveva appena perso il lavoro o chissà cos'altro, ed ecco che una banale lite diventa la miccia che da fuoco alle polveri. A volte la gente cova una rabbia repressa che non aspetta altro che di uscire allo scoperto. Se ognuno di noi ricordasse il famoso detto del "non sai mai il tipo che hai di fronte" non ci si imbarcherebbe in discussioni inutili, capaci solo di inasprire gli animi e i portare a conclusioni imprevedibili.

L'opportunità che diamo agli altri di aggrederci è l'ultimo ma forse il più importante ingrediente di questa miscela esplosiva. Per quanto uno sia capace e determinato ad affrontarci, non ci aggredirà se non avrà dalla sua alcune condizioni tattiche favorevoli, in termini di posizione di attacco e vie di fuga.
In altre parole, chi aggredisce deve poterlo fare, e per questo ha bisogno di alcune cose, tra le quali:

  1. un avversario disattento o impreparato
  2. un avversario in condizioni di svantaggio fisico, tattico o ambientale

Queste chiavi di lettura della situazione possono essere impiegate in modo utile ogni volta che si fanno incontri con persone di cui non si conoscono le intenzioni. Riassumendo, se vi trovate al cospetto di una situazione simile, fatevi subito tre semplici domande:

  1. E' capace? Ovvero è più robusto, determinato, non è da solo, è armato?
  2. E' motivato? Il suo stato d'animo è alterato, oppure potrebbe avere interessi di rapina/stupro, bullismo?
  3. Ha un'opportunità per colpirmi? Sono impossibilitato a fuggire, le mie condizioni fisiche, o psicologiche sono di inferiorità, sono troppo vicino per organizzare una reazione o fuga, sono in un luogo isolato?
Se rispondete si a più di due domande vuol dire che siete nei guai e dovete fare qualcosa, e subito.
La prima cosa da fare è quella di concentrarsi sul secondo e sul terzo criterio (motivazione ed opportunità) sapendo che è possibile fare qualcosa per ridurre propensione e chance del nostro avversario a nuocerci, magari adottando qualche tecnica di
de-escalation e dissuasione.

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